Dopo diverse settimane
dalla prima messa in onda radiofonica e l’entrata in classifica dei
brani indipendenti più trasmessi dalle radio italiane, l’ultimo
singolo degli Emotu, ancora risuona nelle noste orecchie. Sarà la
giusta commistione tra vecchio e nuovo, apportata dalla band che vede
la luce nel 2006, dopo che alcuni membri di un precedente sodalizio,
decidono di unire le loro forze, dando il via ad un progetto in cui
la tradizione melodica italiana, si lega sapientemente ad influenze
elettroniche internazionali.
Ascoltando “Vento a
Monastir”, l’ascoltatore ha la percezione che il canto mistico di
Franco Battiato, incontri le sonorità abissali di ascendenza dark,
improvvisamente rischiarato da quel sole splendente, caldo come in
africa, che illumina l’oscurità in cui si è immersi in balia di
queste onde. Così teso sul filo del contrasto, mentre suoni
ovattate, appartenenti al filone della New Wave sono precursori di
quelle tenebre soggiacenti ai nostri passi, mentre le calpestiamo,
veniamo colpiti da un sole vivido e rassicurante e allora, quel
lamento avvertito dentro di sé, quella sensazione di non essere
degni, di non farcela, lentamente si annienta nel richiamo di una
primavera, pronta a distoglierci dalle nostre inquietudini interiori
“Sento un lamento dentro, è indescrivibile, l’equilibrio
di un aprile mi ritorna…”
Ecco che inseguendo un
continuo gioco di contrasti che si interscambiano nel tavolo, gli
Emotu riscoprono il vero valore dell’umanità, la quale, troppo
abituata ad percorre ciecamente un percorso prestabilito, è
incapace di notare la miriade di possibilità, di vie alternative che
la nostra vita ha in serbo per noi, “Come vorrei fuggire da
ogni senso unico, nell’immensità del mare, sono tutto ciò che
ho”.
Sonia Bellin
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